Carmelo Zotti nasce a Trieste nel 1933 da padre istriano e madre cipriota. Trascorsa l'infanzia nella città natale e successivamente a Napoli nel 1945, si trasferisce a Venezia dove, allievo di Bruno Saetti, frequenta l'Accademia di Belle Arti. Nel 1954, rivelandosi tra i giovani artisti più promettenti, vince il primo premio dell'Opera Bevilacqua La Masa; del 1956 è la sua prima partecipazione, con tre dipinti, alla Biennale di Venezia mentre nel '58 consegue il primo premio alla Biennale Internazionale dei giovani e il Premio Longo alla XXXII Biennale Internazionale di Venezia. Riconoscimenti, questi, che inaugurano una lunga e prestigiosa attività espositiva che, oltre a vederlo presente nelle più importanti rassegne nazionali ed internazionali, è costellata da numerose personali tra cui si ricordano la retrospettiva al Museo d'Arte Moderna Cà Pesaro di Venezia (1995) e l'antologica al Museo della Permanente di Milano (2007).
La pittura di Zotti sin dagli inizi si è slegata dalle modalità provinciali per assumere presto un timbro europeo, soprattutto in direzione simbolico-surreale. A Venezia è nata la propensione di Zotti verso un mondo mitico e favoloso segnato da una riconquistata protomediterraneità; propensione, questa, che l'artista ha accentuato con le molteplici esperienze in Egitto, in India, in Birmania e in Messico, e favorita già negli anni dell'Accademia dalla vicinanza di un maestro come Saetti, che lo orientò ad una decantazione irreale e sontuosa del colore, di fondo bizantineggiante.
Il temperamento emotivo e sensuale di Zotti lo ha portato dapprima ad accentuare il simbolismo segnico e cromatico con una pittura basata su impulsi psichici e "memorie" filtrate attraverso la cultura orientaleggiante. Quindi, a partire dalla metà degli anni Sessanta, la sua peculiare maniera si è sempre più delineata in una rievocazione, in chiave onirica e metafisica, di un mondo favoloso ricco di ancestrali richiami, in cui alcuni elementi simbolici (la piramide, la sfinge, l'elefante) si ripetono in variazioni e deformazioni ora liriche ora mostruose.
Successivamente Zotti ha reso più nervoso e libero il segno, più acceso e sciolto il colore, imprimendo un carattere espressionista alle sue rappresentazioni, che continuano peraltro ad ispirarsi ad un mondo intimo fatto di personali esperienze, di visionarie e mitiche trasfigurazioni. Insomma, un progressivo coerente sviluppo di un'azione pittorica che trova conferma nella serietà del suo impegno umano, negli alti risultati di volta in volta conseguiti. Col passare degli anni la maturazione artistica ed esistenziale di Zotti ha portato la sua pittura - fattasi sempre più "teatrale" e caratterizzata da un senso primordiale del colore - a seguire modi e tempi del tutto autonomi, quasi contro corrente, elaborando un linguaggio certamente non omologabile, in cui figurazione e astrazione, memoria e storia, convivono sin dall'inizio felicemente.
Ha tenuto la cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1973 al 1990.
Il 16 maggio del 2007 si è spento nella sua casa di Treviso mentre era ancora in corso l’antologica a lui dedicata nella Galleria Civica di Palazzo Loffredo a Potenza.